NATURA MORTA CON PICCHIO di Tom Robbins.

Come mi accade con i romanzi che mi stupiscono e mi piacciono molto, a poche pagine dalla fine mi accingo a scrivere la recensione.

NATURA MORTA CON PICCHIO di Tom Robbins.

naturamorta con picchio

Cerco inutilmente un aggettivo per definirlo e mi potrei arrendere dichiarandolo “esplosivo”?, un po’ “audace”?, di certo “insolito”?. Continuo a passare in rassegna tutti gli aggettivi che mi vengono in mente senza trovarne uno adatto, mi aiuto con la pagina di Homolaicus – sinonomi e contarari, ma ancora non basta.

Dopo una lettura del genere la paura di cadere nel banale con una qualsiasi definizione mi venga in mente è reale. Se però avessi a disposizione la Remington S L 3 usata da Tom Robbins, per scrivere questo romanzo sono certa che tutto sarebbe più facile, le parole uscirebbero da sole e i tasti mi direbbero quale aggettivo usare.

Ho iniziato due volte la lettura di questo particolarissimo romanzo, mi ci è voluta una rilettura per entrare in sintonia con la narrazione; è stata una soddisfazione appagante introdurmi in un linguaggio, una storia e uno stile diverso da qualsiasi altro romanzo letto in precedenza. Quindi grazie Tom Robbins per avermi mostrato che ci sono molti modi di scrivere, che l’approccio con il lettore ha molteplici forme, che anche una storia d’amore atipica, inventata, in-credibile e sui generis, raccontata con la naturalezza di chi si siede al bar e sorseggiando tequila snocciola la notizia del giorno divagando ogni tanto su teorie, riflessioni e commenti per poi ritornare a riprendere il filo della storia riesce a rendere il tutto normale e credibile oltre ogni ragionevole dubbio. Appunto un ragionevole dubbio è d’obbligo. L’autore ne semina di dubbi, le domande sono importanti e profonde, ma poco hanno a che fare con la ragionevolezza intesa nel comune senso che si dà al termine. Il buon senso è discutibile, la fondatezza delle azioni e la legittimità dei concetti convenzionali della società sono messi in discussione. Tutto diventa possibile se presentato con logica fermezza e convinzione ed è così che quello che potrebbe essere un cartone animato diventa più reale e credibile della morte certa.

L’autore vuole trovare la ricetta per far perdurare l’amore. E ci lascia con la curiosità di scoprire che cosa ne è della palla d’oro con cui gioca la protagonista di una favola per bambini raccontata dalla tata alla principessa per farla addormentare. Ci sarebbe da uscirne pazzi, ma la logica-illogica di chi ha scelto di essere fuori-dalla-legge per professione rende il tutto estremamente normale e anche un oggetto che normalmente passa inosservato e del quale nessuno si ricorda diventa protagonista importante per il solo fatto di aver stimolato una curiosità su un unico soggetto.

Il racconto gioca spesso spostando l’attenzione del lettore dal filo conduttore della trama alle “divagazioni” mentali che si perdono in riflessioni su cose, oggetti e pensieri correlati al movente. Insomma un riflettore che con intermittenza casuale si accende a illuminare la faccia scura della luna.

È limpida la contrapposizione della psicologia femminile nel lento e confuso processo dell’innamoramento messa a confronto con la fredda razionalità maschile che nasconde fragilità insospettate in un fuorilegge per vocazione. Molto belli i dialoghi tra i personaggi, affascinanti le vorticose acrobazie mentali che conducono la principessa, intenzionata a salvare il mondo dai mali che lo affliggono, a condividere le idee dinamitarde di un fuorilegge intenzionato a distruggere il mondo e i suoi simboli nella perenne ricerca di un modo per far perdurare l’amore.

Punto cruciale che raggiunge un livello altissimo è la lettera che il fuorilegge invia alla principessa dal carcere dipingendo la nitida immagine del cacciatore che spara alla colomba recante nel becco l’ulivo della pace. Uno schianto crudele e la reazione uguale e contraria che ne segue non riuscirà a sconfiggere il sentimento che lega le due anime.

 Arrivo alla fine del romanzo e sorrido compiaciuta. La narrazione non ha ceduto mai, ha mantenuto constante la logica iniziale, nessuna caduta di stile. Il tutto mi presenta la mente geniale dell’autore che si è lasciato condurre dalla creatività dall’inizio alla fine e ci trasmette la sensazione di essere stato lo strumento di un’idea fuori. Un grandissimo Robbins.

Così anche il finale cartonesco ci sta. E viene da dire che tutti vissero felici e contenti anche se non sapranno mai che ne è stato della palla d’oro e come si fa a far perdurare l’amore, ma chiunque può cogliere i tanti suggerimenti seminati lungo la storia e riflettere sul significato dell’immagine disegnata su un pacchetto di sigarette, o sulle more che nascono su rovi selvaggi e rigogliosi e su una delle molteplici immagini che l’autore semina generosamente attirando il lettore sul significato nascosto di ognuna di esse.

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8 MARZO, IL COMPLICATO MONDO DELLE DONNE – MARIA

By Monica Bauletti
By Monica Bauletti

Appena sentivamo chiudere quella porta del terzo piano, Marco e io correvamo nel sottoscala del pianoterra. Zitti e ben nascosti aspettavamo con ansia che la signorina Maria scendesse le scale. Il ticchettio dei tacchi altissimi preannunciava il suo arrivo e allora noi spalancavamo gli occhi per ammirare quello spettacolo. Una minigonna sempre molto colorata, le calze nere a rete e poi su su fino a dove si poteva vedere. Sempre bellissima, truccata ed elegante, usciva in strada dove una macchina la aspettava.
La signorina Maria abitava nell’appartamento proprio sopra il nostro e il papà quando parlava di lei con la mamma, diceva che “faceva la vita”. Io non capivo, però la mia mamma diceva che la Maria era una ragazza tanto gentile e buona. Infatti spesso mi portava dei regali e mi piaceva tanto quando mi spettinava i capelli, mi guardava sorridente e mi dava un bacino sulla guancia. Un bacino così bello, che mi tenevo l’impronta sul viso per tutto il giorno. Aveva dei lunghi capelli neri e lisci, degli occhi verdissimi e una bocca che sembrava dipinta da un grande pittore.
D’estate, quando le scuole erano finite, spesso andavo al mercato con lei, così l’aiutavo a portare le borse della spesa. Mi piaceva tanto, perché Maria mi teneva per mano, poi comprava il gelato per me e sempre qualcosa da portare anche alla mamma.
Una domenica mattina verso le nove, bussarono alla porta.
“Apro io mamma.”
“Ciao Alberto, sei già sveglio? C’è la tua mamma?”
Era la signorina Maria. Sempre bellissima, ma quella mattina era diversa, senza trucco, con un vestito grigio scuro e i capelli raccolti in una lunga treccia.
“Buongiorno signora Marta, volevo darle una bella notizia: mi sposo e vado a vivere a Friburgo.”
“Maria, ma che sorpresa! E quando?”
“Oggi pomeriggio verso le tre passa il mio fidanzato Hans e parto con lui. Il tempo di completare le formalità necessarie e poi ci sposiamo in una chiesetta nella Foresta Nera penso entro la fine della settimana. Le manderò le fotografie e i confetti.”
“Così all’improvviso! Cara Maria mi dispiace tanto che vai via, ma sono contenta per te. Ma come fai a liberarti dal “contratto”?”
“Eh mi è costato un bel po’. Ma ora è tutto a posto. Ho anche trasferito il mio conto bancario in Germania, così quando arrivo non ho problemi. Ha pensato a tutto Hans. Volevo chiedere ad Alberto se oggi potrà aiutarmi a portare giù le valige.”
Ero molto triste e avrei fatto di tutto per farle cambiare idea, ma ero solo un bambino di undici anni. L’amavo profondamente e pensare di non poterla vedere più mi creava una vera disperazione.
“Alberto. Mi aiuterai? Sei triste perché vado via? Non ti preoccupare, un paio di volte all’anno dovrò tornare e così verrò a trovarti.”
Mi spettinò i capelli come al solito e smack un bel bacione sulla guancia.
“Ti chiamo prima delle tre, va bene?”
“Dopo mangiato, vengo io su da lei, così l’aiuto a preparare tutto. Va bene?”
Mi rispose con il suo sorriso.
Alle quindici esatte arrivò una grande Volkswagen bianca. Un omone grosso e alto caricò le valige, salì in macchina e mise in moto. Dal finestrino aperto Maria salutava sorridendo e mi mandò un bacio. Fu l’ultima volta che la vidi.
La sera dopo, ero seduto sulle scale insieme al mio amico Marco, quando arrivò trafelato mio padre con un giornale in mano.
“Marta, Marta. Leggi qui!” La mamma lesse il giornale, si appoggiò al muro e scoppiò a piangere.
“Ma papà cosa è successo?”
“La signorina Maria. L’hanno trovata morta in un’area di servizio dell’autostrada per il Brennero. Devono averla ingannata, derubata di tutto e uccisa.”
Piansi a lungo anche se non riuscivo a capire bene cosa fosse successo.
“Ma non doveva andare a sposarsi? Era così felice.”
Ancora oggi che ho 44 anni, penso spesso a Maria, con tanta nostalgia, dolcezza e amore.
E’ stato il mio primo vero amore.

Questo racconto non è mio

Monica Bauletti