Parole d’Autore – Fiera delle parole

prigionieri dell'islam

Venerdì 8 luglio 2016, ore 21:00 Piazza Primo Maggio, Montegrotto Terme (PD)

Lilli Gruber presenta il suo ultimo libro -Prigionieri dell’islam-  edito da Rizzoli.

È una serata gradevole, il caldo del giorno si è attenuato appena il sole è sceso dietro il profilo dei colli euganei che allungano su tutta la cittadina padovana un’ombra ristoratrice. A completare l’effetto rinfrescante non è arrivata la brezza serale tiepida e gentile, così le numerosissime signore presenti estraggono i ventagli o, chi ne è sprovvista, improvvisa alla meglio con i pieghevoli del programma distribuiti dagli organizzatori.

La platea allestita nella piazza davanti al palco adiacente ai giardini si riempie in fretta e anche i posti in piedi non bastano più, ma si sente bene anche dalle panchine lungo il sentiero dei giardinetti dietro il palco e la gente si accalca anche lì. Si scoprirà il giorno dopo che più di 1500 persone hanno voluto ascoltare la giornalista invitata da Bruna Coscia per aprire il programma Voci d’Autore che ospiterà, nelle successive due tappe, Mario Corona e Valerio Massimo Manfredi.

Ad accogliere il pubblico che s’ingrossa sempre più c’è Giuseppe Lopizzo, (Vocal Coach, l’unico insegnante di canto italiano associato a Brett Manning) che intrattiene il pubblico con la sua bellissima voce aspettando l’arrivo di Lilli Gruber, protagonista della serata.

I totem triangolari collocati ai lati del palco e in altri punti strategici della piazza vantano con orgoglio gli ospiti dell’evento “Parole d’Autore”. Parole d’Autore è solo un assaggio di ciò che potremo gustare a Ottobre, sempre a Montegrotto Terme, in occasione della grande kermesse che è la Fiera delle Parole, un evento collaudato che è giunto alla sua X edizione. Le prime quattro edizioni si sono svolte a Rovigo. Dal 2011 al 2015 la fiera delle parole ha traslocato a Padova e finalmente nel 2016 approda a Montegrotto Terme e speriamo che getti l’ancora e non salpi più.” Alcuni ospiti, amici storici dell’evento hanno già aderito anche all’edizione termale dell’evento e non mancheranno volti nuovi e sorprese”, garantisce Bruna Coscia, la “patron” dell’evento. Ma questa avventura la vivremo a ottobre adesso è il momento dedicato a Lilli Gruber.

L’interesse per la giornalista televisiva è evidente, al suo ingresso l’applauso è caloroso. Lilli Gruber ha lavorato per il TGR, il TG2 e il TG1 e più volte si è trovata là dove la storia cambiava il volto al futuro, per testimoniare come inviata producendo servizi per la RAI. Uno tra i servizi, forse, più rischiosi e che probabilmente ha cambiato anche i suo personale futuro è stato quello come inviata RAI, corrispondente durante la guerra in Iraq, da questa esperienza nasce il suo primo libro – I miei giorni a Bagdad-.

A introdurre e a moderare più che intervistare l’ospite è il giornalista Rai Stefano Edel.

Queste le prime battute tra il, e la, giornalista (l’intera intervista potete ascoltarla cliccando qui)

  • Stefano Edel: Prigionieri dell’islam, ma chi sono i prigionieri dell’Islam e perché prigionieri
  • Lilli Gruber: Siano “noi”, occidentali, che troppo spesso siamo prigionieri della nostra ignoranza e dei nostri pregiudizi e quindi poco conosciamo i musulmani che vivono a casa nostra. E prigionieri sono purtroppo troppo spesso “loro”, invece, di una interpretazione molto retrograda e molto oscurantista del loro testo sacro che è il corano e questo fa male a entrambi, fa male a noi e fa male a loro perché l’islam è già tra noi ed è qui per retare non solo in Italia ma anche nel resto d’Europa e quindi io penso che faremmo bene tutti ad attrezzarci un po’ meglio per riuscire a fare insieme un percorso di conoscenza e un percorso d’integrazione…”

In merito all’integrazione la Grubber si sofferma e marcatamente mette in risalto i “valori non negoziabili”.

  • … con questo libro cerco di fare un viaggio attraverso l’Islam italiano che prima avevo poco esplorato e sullo sfondo scorrono decenni di tragedie, guerre e conflitti mediorientali e dobbiamo sapere lì che cosa è successo e che cosa sta succedendo per capire anche come mai siamo arrivati ad oggi a vivere una situazione di profonda paura inquietudine preoccupazione. Abbiamo paura delle cose che non conosciamo e attraverso questo libro cerco di fornire qualche elemento di conoscenza in più per capire il mondo complesso in cui stiamo vivendo.
  • E.: Come si fa a disinnescare la bomba dell’odio?
  • G.: la stragrande maggioranza degli italiani non è mossa da nessun odio nei confronti degli stranieri, immigrati e nei confronti dei profughi. Ovunque sono andata ho incontrato uno stato che funziona sia nel ramo dei servizi segreti sia nelle forze dell’ordine nella marina militare c’è un’efficienza che nessuno si aspetterebbe e poi la così detta gente che è molto solidale e molto disponibile. Una regione come la Sicilia che deve far fronte da anni a decine di migliaia di migranti che approdano sulle loro coste, cambia l’equilibro demografico di una società e di una popolazione eppure hanno sempre mantenuto un equilibrio e hanno sempre mantenuto una mano tesa…Il rischio di avere fratture violente tra la nostra società e loro, i migranti che arrivano, possiamo solo conoscerci meglio. Non dobbiamo credere a quello che ci dicono molti politici, io credo che una parte della politica che vi propone una soluzione pragmatica e realistica a un problema così complesso come quello delle immigrazioni è una politica credibile tutto il resto è fuffa alla quale non bisogna credere perché non è vero che possiamo fermarli in mezzo al mare perché l’unico modo per fermarli è affondarli… in questo libro non troverete niente di buonista, perché io penso che la politica che ci governa abbia il dovere di trovare delle soluzioni a delle questioni complicate, sono pagati per questo… (il seguito dell’intervista lo puoi ascoltare qui)

 

Nel libro Prigionieri dell’Islam, la Gruber propone diverse interviste fatte ai capi che rivestono incarichi al vertici del potere, dei servizi di intelligence, della polizia, e a Imam in Italia. Ricostruisce, attraverso tappe storiche, conflitti e ingerenze internazionali, il percorso che ha portato alla nascita di molti gruppi terroristici, ultimo e fra tutti quello che attualmente spaventa solo a pronunciarlo l’Isis.

 L’argomento è importante, bisogna parlarne e bisogna leggerne.

Bisogna sentire tutti i battiti della campana per poter avere una visione armonica e completa della situazione che minaccia la sicurezza mondiale. Questo libro è un buon strumento per iniziare a capire. La scrittrice presenta fatti e conseguenze con estrema obiettività, ci passa informazioni di prima mano con la trascrizione di domande e risposte che lei stessa a posto a persone di spicco nel panorama politico internazionale lasciando spazio alla libera interpretazione del lettore.

“Guardo fuori dal finestrino vedo il mare che custodisce i suoi cadaveri. E penso alla domanda ricordata da Francesco nella sua preghiera a Lampedusa, tanti mesi fa. “Dov’è tuo fratello?” Secondo la Bibbia, lo chiese Dio a Caino. E dobbiamo chiedercelo anche noi, per ogni nuovo giorno che comincia sulla terra. E sul mare.”-Prigionieri dell’Islam –

8lugliolilli

 

M.B.

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vivere sopra

fine-del-mondo

E se poi l’imprevedibile succede finisce il senso di ciò che siamo.

Tutto si mescola, la luce e il buio, oggi e domani, bene e male, amore e odio

nell’immobilità dell’occhio del ciclone.

È l’indifferenza l’ancora di salvezza? La morte ha tutte le risposte?

Che fai?, ti fermi e non corri più?, perché è la pace tutto ciò che vuoi.

Ti basta il sonno che ti fa dormire e un po’ di fame che rende buono il pasto.

Viviamo accanto a solitudini, ciechi ai bisogni altrui.

Quando il dolore divora ogni emozione e pensi solo a quel che non è stato,

a l’attimo imprevisto che non ti ha perdonato e non si torna indietro se non eri preparato,

non c’è un “riprova dai!, sarai più fortunato” perché la morte va sul binario di sola andata.

Chi sopravvive alla violenza altrui è vincitore e vinto perché il cuore batte, ma sa di sangue,

di ferro e lacrime il giorno dopo ogni mattanza e non importa che tu sia stato lì,

e non importa chi ci sia stato, ci fosse o non ci si sia più,

era qualcuno, che come te, voleva continuare a esserci ancora un giorno in più.

lo stesso te.

Certe domande è meglio neanche porsele che poi a rispondersi c’è da farsi solo male.

Vai avanti a muso duro e prendi quel che viene, illuso disilluso che sia davvero quel che cerchi.

Se poi i programmi eran diversi lo sai solo tu.

Sorridi al mondo mostrando il viso comico e con le lacrime vai a diluire il sangue.

Non finiranno mai le notti insonni eterne più del giorno ché il tempo vola

è sul tuo viso che conti gli anni ad uno ad uno

dai segni agli angoli degli occhi.

Sarà il tempo dei tormenti che amplifica le immagini

E poi, sopito il tuo dolore, regolerai il respiro, il battito del cuore

Certe domande non le ricorderai che le risposte le avrai lasciate ad altri.

Sarà più facile tenere il tempo guardando indietro e tutto quel che è stato.

Ora lo sai che quel che hai avuto è stato solo quello che hai voluto.

hai smesso di diluire il sangue e il viso comico non lo indossi più

ti guardi e finalmente vedi quel che sei.

 

M. B.

Layla, fatalmente stega.

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Layla non voleva la scopa.

Layla si sentiva diversa.

Layla voleva diventare una fata.

C’erano anni, secoli, millenni di scuola che pesavano nel suo patrimonio genetico. Una lunga dinastia di streghe aveva convogliato in lei il sapere infuso come la perla nera di una saggezza malefica perfezionata nei secoli attraverso riti, formule e sortilegi.

Ma Layla rifiutava il male. Non conosceva il bene, tuttavia sentiva di non voler recar danno ad alcun chi e si ribellò alla natura che la voleva malvagia.

Per prima cosa volle andarsene dalla foresta nera. Uscì dall’inviolabile nido di rovi dove era cresciuta. La stessa tana che era stata la dimora di sua mamma e delle mamme delle mamme prima di lei. Trovò alloggio in una casupola abbandonata al limite del villaggio. Rinfrescò le sue vesti, cambiò il cappello nero appuntito con una cuffietta bianca bordata da un grazioso pizzo e chiuse in un cassone la scopa fatata. Unico legame con la sua vita precedente fu Diavolo, il lupo che sua madre le aveva affiancato il giorno che era nata e che, dominato da un sortilegio, non la abbandonava mai. Diavolo obbediva a tutti i suoi ordini, proteggendola e sbranando chiunque costituisse per lei una minaccia.

Layla si guardò un po’ attorno e iniziò a frequentare le piazze, andò alle fiere nei giorni di festa e a palazzo presentandosi come una fatina, un giocoliere o un’acrobata. Si esibiva in giochi di prestigio e divertenti esperimenti magici, ma non riusciva mai a ottenere il risultato voluto. Un giorno, nella piazza del paese aveva raccolto un folto capannello di gente e molti bambini si erano seduti attorno a lei per ammirare la sua abilità di giocoliera nel far volare in aria ben 6 arance. Presa dall’entusiasmo volle fare un gioco di magia e sfilò il cappello a un contadino che passava di là, disse una formuletta magica e ordino al cappello di liberare tutti i coniglietti bianchi che conteneva. Il cappellaccio cominciò ad agitarsi ma non uscirono dei bellissimi coniglietti bianchi e paffuti bensì uscirono una miriade di pantegane brutte e repellenti. Tutti i bambini corsero via spaventati lanciando urli e insulti alla povera Layla.

Layla se ne tornò a casa triste e sconsolata, ma sempre più decisa a diventare una fata perfetta. Studiò e studiò, ripassò tutte le formule magiche e ci riprovò. Questa volta riuscì ad entrare a palazzo e per intrattenere gli ospiti che i signori avevano invitato per festeggiare la nascita del loro primo figlio lei doveva fare la funambola camminando sopra tutta la folla in delirio a bel 10 metri di altezza, portando con sé solo una verga per tenersi in equilibrio. Tutti guardavano ammirati la sua abilità e qualcuno sperava che cadesse per godersi lo spettacolo aggiunto del suo corpicino grazioso sfracellato al suolo. Non accadde, ma, lei che leggeva nelle menti della gente, sentiva che si aspettavano qualcosa di più e allora decise di fare una delle sue magie. A metà del percorso, dove tutti potevano vederla, si fermò, appoggiò la verga davanti ai suoi piedi e tirò fuori un fazzoletto bianco. Tutti erano meravigliati da quel fuori programma chiedendosi che cosa avesse intenzione di fare proprio nel bel mezzo di una così faticosa esibizione. Layla stese per benino il panno per mostrare a tutti che non conteneva niente, poi lo raccolse nel palmo della mano e disse una delle sue formule magiche ordinando al fazzoletto di liberare la bianca colomba che conteneva. Tra le sue mani qualcosa si agitò, ma non era una bianca colomba bensì un nero e viscido pipistrello che volò basso spaventando tutti i presenti. Il pubblicò in fretta scappò via in un gran pigia pigia coprendosi la testa e agitando le mani per spaventare l’orrenda bestia.

Così non poteva andare. C’era qualcosa che non funzionava. Il verso non era quello giusto. Layla cercò di immaginare che cosa poteva recare disturbo alle sue intenzioni e pensò fosse giunto il momento di consultare qualche libro di magia bianca. Lì poteva trovare la risposta. Lì potevano esserci le indicazioni per correggere tutte le formule che conosceva. Studiò, imparò a memoria ricette per preparare pozioni e incantesimi, ma quando arrivò alla fine del libro, la sua attenzione fu catturata da una noticina scritta a fondo pagina in piccolo piccolo, che diceva:

-Ogni formula trova la sua efficacia nel cuore di chi la pronuncia. L’amore genera amore. L’odio genera odio-

“Quindi il segreto è l’amore”. Pensò Layla. Ma lei non conosceva l’amore, non sapeva il significato dei sentimenti. “Come si fa ad amare?, si può imparare ad amare?, dove si studia l’amore?”

Questa cosa dell’amore poteva diventare un ostacolo insuperabile per lei che giammai all’amore aveva pensato. Assorta cercando di trovare una traccia da seguire per arrivare fin in fondo al suo cuore, allungò una mano e fece una carezza a Diavolo che le sedeva accanto attento a tutto ciò che si muoveva intorno a loro. Fu osservando la propria mano che lentamente strofinava la testa dell’animale e vedendo il muso della bestia che da feroce andava pian piano addolcendo i tratti, che ebbe l’idea. Un segno di piacere espresse il lupo appoggiando, per la prima volta, il muso sulla sua gamba. Layla comprese che quello poteva essere un esercizio utile per imparare il significato di un sentimento. Si sforzo di considerare Diavolo come un compagno, un amico, non solo come una bestia da combattimento, ma come un confidente. Gli parlava, usciva anche solo per farlo correre e giocava con lui, gli permetteva di dormirle accanto. Tutto le sembrava strano, sentiva di non essere spontanea nel suo nuovo modo di agire, ma era convinta che prima o poi tutto sarebbe diventato normale e che l’affetto e l’amore sarebbero arrivati. I giorni passarono e una mattina mentre andava nel bosco per raccogliere delle bacche che le servivano a fare un infuso medico incontrarono un orso, che li aggredì. Diavolo subito si frappose tra l’enorme bestia e la sua padrona e si batté come un vero diavolo tanto che l’orso si scoraggio e scappò via. Diavolo sembrava stare bene ma dopo pochi minuti si fermò piegò le gambe davanti, lanciò un latrato e crollò a terra. Layla andò subito in suo soccorso chiamandolo a più riprese: “Diavolo, Diavolo, che cosa succede?. Che cos’hai?” Il lupo non rispose, le leccò per l’ultima volta la mano e chiuse gli occhi per sempre. Un terribile dolore investì Layla che sentì il cuore stringersi in una morsa. Fu un dolore fortissimo mai sentito prima. Urlò forte, un urlo straziante che usciva dalle viscere lacerate come tele da far bende. Cominciò a piangere, pianse e pianse per tre giorni e tre notti fino a quando il dolore si placò e rimase la consapevolezza di aver amato il suo povero lupo. Capì che l’avrebbe sempre amato anche se lui non c’era più. Diavolo  le aveva fatto il dono più grande: le aveva insegnato il sentimento.     

di Nevio e Monica