Giuseppe Rando su “Berta, la leggeda” -introduzione-

Disponibile tra pochi giorni, arrivo previsto entro fine mese

berta la più bella

 

Monica Bauletti,

Berta, la leggenda tra storia e fantasia

 

 Introduzione di Giuseppe Rando

Il modello manzoniano del romanzo storico come «componimento misto di storia e invenzione» continua ad essere operativo – felicemente operativo – nella letteratura italiana e non solo. Ne costituisce un limpido attestato Berta, la leggenda di Monica Bauletti, dove il racconto di eventi capitali del basso Medioevo trova una inedita canalizzazione narrativa attraverso l’innesto, nel flusso diegetico, di documenti storici e/o epistolari, ma soprattutto attraverso la geniale compresenza e/o alternanza sulla pagina di un presente edonistico, turistico, postmoderno e di un passato feudale, tragico, doloroso, religioso, unificati in una comune prospettiva di agognata felicità.

Il punto di forza del romanzo della Bauletti è costituito proprio dalla singolarissima struttura, in cui trovano un’agevole, insolita convivenza: a) un narratore etero diegetico di primo grado che racconta in terza persona la Fabula iniziale e la Fabula finale; b) un narratore omodiegetico di primo grado (una donna, moglie innamorata); c) un narratore omodiegetico di secondo grado (un uomo, il marito innamorato), che dialoga con la moglie. nel corso di una passeggiata in una amena località dei colli Euganei; d) un narratore eterodiegetico di secondo grado (lo stesso marito che racconta alla moglie, in terza persona, le storie parallele di Berta, popolana vissuta in quei luoghi nel Medioevo, e di Bertha di Savoia, Regina e Imperatrice del Sacro Romano Impero, nell’undicesimo secolo). Non solo: il racconto storico-leggendario in terza persona è spesso intessuto di dialoghi tra i vari personaggi del passato, evidentemente mimati dallo stesso marito-narratore eterodiegetico di secondo grado.

Talché, nel romanzo della Bauletti, parlano di fatto, oltre alla moglie e al marito moderni, Regine, Imperatori, Papi, Nobili (in lingua italiana) e popolani-popolane d’antan (in dialetto): non manca il latino nei documenti storici e nelle epigrafi. Quanto dire che questo romanzo storico è anche un romanzo polifonico (bachtiniano), vivificato anche dallo strumento principe dei narratori autentici: lo stile indiretto libero.

E ciò, a conferma – se ce ne fosse bisogno –  del fatto che la Bauletti utilizza, con disinvoltura, le opportunità strutturali che la tecnica narrativa mette oggi a disposizione del romanziere avveduto, essendo peraltro in possesso della dote fondamentale di un narratore: il piacere dell’affabulazione che, secondo Moravia, quando c’è, è innato. Lo si coglie nei sapienti collegamenti tra una storia e l’altra, nella caratterizzazione dei vari personaggi, negli indizi e nei richiami disseminati nel tessuto narrativo, nella tecnica sospensiva adottata che crea una forte tensione narrativa (sola nelle ultime pagine il lettore saprà – in un finale da thrilling – se Berta è riuscita a salvare o no il marito dalla scure del boia).

La lingua, del tutto immune da bellettrismi, nulla concede tuttavia alla sciatteria del parlato e/o del giornalistico.

Sul piano tematico, Berta, la leggenda tra storia e fantasia si snoda lungo tre filoni narrativi: quello amoroso, quello storico-politico e quello esistenziale-filosofico, che s’intrecciano e mirabilmente si confondono in una omogenea cifra stilistica sotto gli occhi del lettore.

Il filone amoroso comprende due storie di amore vero, totale, vivificante, assoluto (quello dei due innamorati moderni e quello che lega Berta al marito condannato a morte, nel Medioevo) e due storie di amore devastante, brutale, egotistico (praticamente amore senza amore) subito da Bertha di Savoia e da Matilde di Canossa, da parte dei rispettivi illustri mariti, sposati per esigenze politiche e dinastiche.

Il filone storico-politico segue gli snodi fondamentali dei difficili rapporti tra il papa Gregorio VII e l’imperatore Enrico IV, fino all’umiliazione di Enrico IV a Canossa e alla conclusione delle lotte per le investiture.

Il filone esistenziale-filosofico attraversa in senso orizzontale e in senso verticale il romanzo, puntando sull’assunto parmenideo dell’essere contro l’illusione eraclitea del divenire (passato, presente e futuro, nonostante differenze accidentali, coesistono relativisticamente) e sul valore salvifico del vero amore, come fomite possibile di felicità.

Il romanzo, che finisce dove comincia, è dunque un romanzo circolare: i personaggi non cambiano dal principio alla fine; nulla muta e tutto è.

Giuseppe Rando – Università di Messina

 

 

 

 

 

 

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